..:: la pesca a mosca, la nostra passione ::..
ottobre 2007
di Gianni Tacchini foto di Vincenzo Petrino
3 ottobre 2007 ore 4,00 del mattino. Vincenzo è davanti a casa mia per iniziarmi ad una di quelle esperienze che segneranno indelebilmente la mia vita di pescatore con la mosca. Sto parlando, come avrete letto dal titolo, della pesca, o meglio della caccia, come diceva il compianto amico Antonio Castiglioni, alle steel head in British Columbia.
Ad accompagnarmi in queste esperienza, oltre all’amico Vincenzo che in British ci è già stato una diecina di volte, anche Benedetto, alla sua 7^ esperienza e Mino, che ha iniziato a frequentare il Canada negli anni 80 con l’inseparabile amico Antonio.
Le tappe sono Malpensa Amsterdam, Amsterdam Vancouver, Vancouver Terrace. Un viaggio interminabile per me, agitato com’ero per l’avventura, mentre per i miei amici, addormentatesi da Amsterdam a Vancouver, un viaggio di tutto riposo.
Giunti a Terrace disbrighiamo in un attimo le formalità per il ritiro della vettura che Vincenzo aveva prenotato, un fuoristrada non eccessivamente grosso ma nuovissimo, con pochi Km. all’attivo.
Saliti in macchina, in meno di mezz’ora arriviamo al lodge dove alloggeremo: il Deep Creek Lodge di Dario e Veronica Taglio, due svizzeri italiani che da anni gestiscono questa attività in modo egregio e ci permettono di parlare in italiano, togliendo dall’imbarazzo chi, come me, si accorge che il proprio inglese è assai arrugginito.
Sbrigate le consuete formalità e dopo i saluti, gli altri sono di casa qui, saliamo in macchina e torniamo a Terrace, al Misty River Tackle & Hunting ove acquistiamo la licenza per 8 giorni di pesca, alla quale dovremo poi aggiungere i singoli “giornalieri” in base agli itinerari che faremo.
Cominceremo con 3 giorni sul Kaloom river, fiume ricco di salmoni, dolly warden e steel heads, per poi proseguire sullo Skeena, l’autostrada dei pesci, come amava definirla l’amico Antonio, ed i suoi affluenti.
Durante il primo giorno di pesca il tempo non è particolarmente clemente ed i fiumi sono un po’ alti, ma la voglia di pescare è tanta. Iniziamo sul Kaloom, allo sbocco dell’omonimo lago. Piove e tira un forte vento da rendere pressoché inutile ogni lancio (forse sono io che non mi sono più allenato per la due mani). Così, dopo circa un paio d’ora mi stanco e decido di proseguire con la canna ad una mano. I miei soci me lo sconsigliano….ma ho la testa dura. Ora sento veramente di entrare in pesca, e la prima botta di un coho non tarda a venire.
Non si tratta di un pesce particolarmente grosso, ma è pur sempre il primo salmone della mia vita. Dopo un po’ ne catturo un altro così come anche i miei soci registrano qualche catture. Ma loro in realtà si stanno annoiando. A questi salmoncini non sono proprio interessati. Ciò nonostante mantengono fede al programma e mi permettono di “sfogarmi” con salmoni e dolly warden per gli altri 2 giorni, pur frequentando itinerari diversi dello stesso fiume. Purtroppo sembra che non ci sia stata rimonta di steel head sul Kaloom. Il 4° giorno cominciamo a battere il Copper, e lì mi accorgo come i miei soci abbiano una conoscenza millimetrica del territorio. Si ricordano ogni sasso, accessi al fiume inesistenti, lunghe camminate dentro i ruscelli, sulle dighe dei castori, nei boschi,
sempre con un minimo di paura di incontrare un orso bruno.
Finalmente arriviamo al fiume. Il primo ad agganciare un pesce sono stato io, creando allarme nei miei soci. Fortunatamente si trattava di una grossa dolly warden, così ho potuto scansare gli insulti che sicuramente si erano preparati a tirarmi.
Dopo alcune ore di pesca, nessuno ha avuto attacchi dalle teste d’acciaio, così decidiamo di spostarci su un affluente, la Cloar. Un fiume stupendo, tra tutti è il più simile ai fiumi di casa nostra, acque trasparenti e basse, forse sin troppo. In un curvone vedo numerose bollate. Sono le dolly che si stanno cibando delle numerose effimere che stanno scendendo sull’acqua. Perché nessuno mi ha detto che si poteva pescare anche a secca? Poi un urlo. Benedetto è con la canna piegata all’inverosimile. E’ lei.
Dopo quasi mezz’ora di combattimento è sul bagnasciuga. Giusto il tempo di darle una misurata e poi via, di nuovo verso la libertà. Si tratta di una steely di 98 cm., destinata a restare l’unica della giornata.
Ritorniamo alla macchina stanchi ma felici, io soprattutto, che all’inizio dell’avventura ero pressoché certo che avrei cappottato. Il giorno successivo si ritorna sul Copper, altra pool. Dopo circa 2 ore di pesca Vincenzo attacca un grosso pesce che gradualmente si prende la lenza. Il combattimento è spettacolare, il pesca salta più volte fuori dall’acqua.
E’ una steel head stupenda che al termine del combattimento viene misurata prima di essere rilasciata: supera il metro di lunghezza.
Anche Benedetto, poco più avanti, ne allama un’altra di dimensioni quasi simili.
Finalmente al pomeriggio tocca anche a me l’emozione di aver attaccato un treno all’altro capo della lenza. Un’emozione incredibile. Il pesce dimostra tutta la sua forza lanciandosi in una fuga lungo il correntone: non posso far altro che cedergli lenza e sperare che non rompa tutto. Dopo circa 20 minuti riesco a stazionare la preda in un rimollo e, a fatica l’avvicino. E’ una magnifica steel head di 105 cm.
Non credo a me stesso, mi sembra un sogno. E pensare che quando sono partito avevo la sconfitta nel cuore. E’ la prima steel della mia vita…e probabilmente resterà anche l’unica eppure è di una misura, come mi dicono i miei maestri, più che discreta. Nei giorni successivi catturo altre due steel più piccole che mi regalano comunque un grande divertimento e soprattutto arricchiscono la mia esperienza di pescatore con la mosca.
A termine avventura, facendo i conti, ho catturato tre steel head, una diecina di dolly warden ed altrettanti salmoni. Sono al settimo cielo anche se, del mo gruppo, sono quello che ha catturato di meno. Il primo posto spetta a Benedetto con otto steely e….gli altri pesci non li ha neppure considerati. E così, dopo 8 giorni di pesca intensa, l’ avventura giunge al termine. E’ il momento di preparare le valige, restituire la macchina ed acquistare qualche souvenir da portare a casa. L’umore non è certamente alle stelle, ma tutto sommati ci siamo sfogati in questa vacanza ed in cuor nostro tutti noi abbiamo voglia di ritornare presso le nostre famiglie. Certamente mentre Dario ci accompagna all’aeroporto la tristezza comincia ad affiorare, ma già abbiamo la consapevolezza, o meglio, dato che il novizio sono io, ho la consapevolezza che quest’avventura dovrà essere ripetuta. Grazie Canada e... a presto!